Ottimizzazione della forma

L’ottimizzazione della forma è un processo attraverso il quale la geometria di un oggetto viene modificata affinché esso riesca a svolgere in modo ottimale una funzione.

Prendiamo un foglio di carta tenendolo con una mano sul bordo di uno dei lati corti, e supponiamo di volervi poggiare un oggetto, ad esempio una biglia, sul lato opposto. Noteremo che, disponendolo con la facciata rivolta verso l’alto (in modo orizzontale), il foglio tenderà ad afflosciarsi, non riuscendo a sorreggere il proprio peso; se invece lo pieghiamo leggermente creando una superficie curva, questa resisterà non solo al suo peso ma potrà essere ulteriormente caricata, ed il foglio rimarrà orizzontale. Eppure le caratteristiche del materiale e le sue dimensioni geometriche sono le stesse; la piegatura del foglio, dunque, è un processo di ottimizzazione della forma, poichè il risultato voluto (sostenere la biglia) viene ottenuto mediante una modifica geometrico-spaziale dell’oggetto.

La capacità del foglio di resistere al peso della biglia si ottiene mediante una modifica della sua forma.

Tutte le forme sono ottimizzate?

A pensarci bene, ogni volta che si progetta un determinato oggetto, questo viene plasmato in modo che possa svolgere al meglio il compito per il quale è stato ideato. Ad esempio, un ombrello aperto presenta un manico affusolato, comodo da sostenere con una sola mano, ed una superficie concava utile a riparare il nostro corpo dalla pioggia. Quando lo chiudiamo, invece, il manico curvo facilita l’appoggio sul braccio ed inoltre il suo ingombro minimo ne agevola il trasporto. Pertanto, nelle sue due configurazioni (aperto e chiuso) l’ombrello svolge in modo “ottimale” le proprie mansioni.

L’ombrello ci ripara bene dall’acqua; ma quando smette di piovere deve essere chiuso, altrimenti sarebbe scomodo da trasportare.

 Nelle costruzioni, l’ottimizzazione della forma ha finalità prevalentemente meccaniche: gli elementi strutturali vengono realizzati in modo che, a parità di materiale impiegato, possano sopportare la maggior quantità di peso possibile. La “funzione” di una struttura, infatti, è proprio quella di sostenere i carichi derivanti dall’edificio e da ciò che è al suo interno, e di trasmetterli al terreno sottostante; un’ottimizzazione geometrica della struttura, dunque, consente di migliorarne le prestazioni meccaniche, ossia di renderla più “resistente”.

In Architettura, le strutture la cui forma è maggiormente ottimizzata dal punto di vista meccanico sono quelle dotate di “curvatura”, ossia sviluppate nello spazio secondo una conformazione non piana. La curvatura può essere di tipo “locale”, quando interessa una zona limitata della struttura pur potendo essere ripetuta, come accade per le lamiere ondulate; oppure può essere di tipo “globale”, cioè unica ed estesa per tutta la superficie, come nelle volte o nelle cupole. Una struttura dotata di entrambe queste tipologie di curvatura, si dimostra essere estremamente resistente.

Due superfici dotate di curvatura “locale” e “globale”.

In Natura, dove ritroviamo l’ottimizzazione della forma?

La Natura è una maestra eccezionale nell’ottimizzazione delle forme e nell’economia della materia. Essa utilizza ogni mezzo di cui dispone affinché, con il minor sforzo possibile, possa ottenere i risultati migliori. Ad esempio, vi siete mai chiesti per quale motivo le bolle (siano esse completamente naturali o anche artificiali, come le bolle di sapone), hanno una forma sferica? Ebbene, la sfera è la geometria tridimensionale che riesce a racchiudere la maggiore quantità di volume possibile, a parità di materiale impiegato per la superficie della bolla.

Riuscite ad immaginare una bolla di sapone a forma di cubo? Sarebbe possibile solo se il cubo fosse “maggiormente ottimizzato” della sfera.

Una conchiglia è un oggetto molto resistente.

Per quanto riguarda l’ottimizzazione per fini meccanici, esiste un oggetto, in Natura, che è molto resistente: si tratta della conchiglia.

Tutte le conchiglie hanno una superficie piuttosto sottile, ma comunque difficile da rompere, poiché dotata sia di curvatura “locale” che “globale”: presentano, infatti, una forma simil-iperbolica, nonché un’ondulazione, più o meno accentuata, sulla facciata esterna.

Un altro esempio molto affascinante è l’albero, in quanto dotato di un elevato senso di adattività, sia per finalità meccaniche che biologiche.

Gli alberi hanno capacità strutturali molto elevate e possono raggiungere la stessa altezza di edifici di 10 o più piani. Ciò è dovuto all’attitudine di modificare la propria forma a seconda delle esigenze non solo strutturali, ma anche climatiche e biofisiche. A queste caratteristiche si aggiunge la buona resistenza ed elasticità del legno, il quale, infatti, è molto utilizzato nelle costruzioni.

Vediamo alcuni metodi che gli alberi utilizzano per resistere agli sforzi ai quali sono sottoposti:

Quando soffia un vento molto forte, l’albero si piega in direzione opposta, grazie alla sua elasticità. Questo gli consente di ridurre la sua altezza totale, diminuendo quindi anche la quantità di vento che lo colpisce.
Alcuni alberi piegano il loro tronco non solo per resistere alla pressione del vento, ma anche per rivolgere la propria chioma verso il sole; nel caso in cui sia costretto a piegarsi tanto da rischiare di spezzarsi, l’albero ricorre ad uno stratagemma: il suo tronco assume una forma concava che mantiene la chioma rivolta verso il sole, ma diminuisce la distanza orizzontale tra la base e la punta.
Può capitare che un corpo estraneo, come una grossa pietra, poggi permanentemente su un albero, costituendo una pressione elevata su un tratto molto piccolo di tronco. In questo caso l’albero ricorre alla cosiddetta “crescita adattiva”: lui modifica la sua forma affinché la superficie di contatto con la pietra aumenti, riducendo lo sforzo sul tronco. Ciò avviene anche quando, a causa dell’intervento dell’uomo, il tronco dell’albero risulta bucato: nel punto dove è presente il foro l’albero aumenta il diametro del suo tronco.

L’ottimizzazione della forma nelle opere di Pier Luigi Nervi

Tutte le opere di Pier Luigi Nervi furono progettate pensando a geometrie ottimizzate a seconda delle funzioni strutturali a loro assegnate. Un esempio particolarmente esplicito ed intuitivo è dato dal Padiglione delle Conferenze Unesco, realizzato negli anni cinquanta a Parigi (Francia).

La copertura del padiglione è costituita da una piastra corrugata in cemento armato. Le elevate capacità strutturali della piastra, che le consentono di coprire luci superiori ai 30 metri, sono dovute proprio al suo profilo piegato.

Share This